Dove prima c’era il mobile su cui ho appoggiato occhiali, matita e
taccuino, adesso c’è una distesa d’erba alta divisa da un sentiero.
Dalla boscaglia esce una colonna di soldati che vengono verso di me.
Indietreggio, ma la distanza non cambia. Mi passano accanto come se non
mi vedessero. “Puoi girarti”, mi dice una voce ovattata. E’
vero… posso girarmi. Difatti, alla mia destra c’è una macchia scura che
non avevo visto: un bue! Non faccio a tempo a guardarmi alle spalle che
mi ritrovo in piedi sul carico di un camion: sotto di me c’è una piana
riarsa e una tendopoli. Ho le vertigini. Mi volto e scopro che sul
camion c’è anche un soldato e anche lui non si cura della mia esistenza.
Poi sono in una pozza d’acqua putrida: c’è una gip arenata e un ragazzo
coi piedi nel fango. Istintivamente guardo in basso perché non voglio
bagnarmi i piedi ma… io non ho piedi. Quando mi tolgo la gigantesca
maschera ermetica, i miei occhiali sono ancora sul mobile, accanto alla
matita e al taccuino. E il mio primo pensiero è: a quale di questi due
universi appartengo realmente?
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